Quelli fanno un altro sport

New Zealand talmente superiore ad Ineos che si potrebbe già assegnare l’America’s Cup.

La stessa differenza che c’è fra una Red Bull ed una Haas in F1, fra il Bolt dei bei tempi ed i suoi avversari, fra il Real Madrid ed il Parma. Stesso sport, ma gli avversari sono talmente superiori che sembrano persino scherzare.

Parte bene Britannia e per tutto il primo lato tiene testa ai Kiwi, ma ad un certo punto con 20 mt di vantaggio gli inglesi costringono i neo-zelandesi alla strambata e poi alla virata tutto nel giro di pochi second, ci si aspetta che la barca verde di New Zealand perda almeno 150 mt ed invece le barche entrano nel “cancello” di fine primo lato in perfetta parità. La regata è finita.

Di qui in poi è un continuo accumulare vantaggio per i kiwi e una passione per gli inglesi che sono ormai certi di non avere più speranza ne in questa regata ne nelle prossime.

Nel lato conclusivo di poppa il gap superava persino i 400 metri, rendendo le ultime strambate pura accademia per i detentori del trofeo, che tagliavano il traguardo con un margine di 23″.

Solo una rottura di qualche parte strutturale può fermare la barca detentrice della Coppa e sinceramente tolti i primi minuti lo spettacolo è andato a farsi benedire.

Come un GP di Formula 1 quando per non veder vincere Verstappen partono le macumbe perché rompa la macchina, ma dopo qualche minuto il suono dei motori conciglia il sonno e ci si addormenta, la stessa cosa accade in queste regate di finale di America’s Cup, con la differenza che qui l’agonia dura poco.

Il destino di questa America’s Cup appare ineluttabile, così come prende sempre più corpo l’ipotesi del 7-0. Eppure i Kiwi sanno per esperienza che tutto può accadere, come quando persero con Oracle nel 2013 dopo essere stati in vantaggio per 8-1…Certi eventi si verificano però una volta ogni 100 anni, perché raramente la legge della Coppa America viene smentita: a vincere è quasi sempre la barca più veloce.

Redazione

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