Fondamentale anche Berrettini nella finale vinta sull’Olanda.
Alla fine sono tutti felici per lui. In pochi avrebbero scommesso sul bis vittorioso in Davis e ancor meno sulla sua presenza da protagonista in questo successo ma con magari qualche smorfia di troppo, con qualche fragilità psicologica che si affaccia inesorabile, Matteo Berrettini ce l’ha fatta a conquistare un successo che in fondo lo ripaga un pochino di quella finale persa ad Wimbledon che è anche stata un passaggio mal gestito della sua carriera.
Il primo a raggiungere i microfoni è proprio lui: “Una coppa sofferta, voluta, desiderata. un’emozione grandissima. Alzarla è stato difficile, è pesante.
Ma è stata una coppa pesante in tutti i sensi, se ripenso alla durissima partita contro l’Australia. La mia presenza quest’anno? Avevo una voglia grandissima di tornare competitivo in Davis e rappresentare l’Italia insieme ai miei compagni. È stato il motore di tutto il mio 2024.
Siamo tutti amici, un gruppo favoloso: è un successo che dedico alla famiglia, alle persone che mi sono state vicine e un po’ anche a me stesso. Ho fatto scelte difficili”.
Pensiamo che la presenza dei compagni che lo”distraggono” dai suoi pensieri spesso troppo negativi ed auto lesionistici sia stata fondamentale. Le sue scelte nel cambiare il Team di allenatori è stato l’inizio della sua resurrezione e non perchè quelli di prima fossero scarsi, anzi. Ma si capisce che Berrettini ha bisogno di qualcuno che oltre a spronarlo e dargli certezze tecniche e tattiche, ha bisogno di qualcuno che lo coccoli e lo faccia sentire al sicuro.
E’ un po’ “tamarro” nel suo modo si essere come quando si mette in panca con i compagni con la manica tirata su per far vedere i tatuaggi nuovi, nell’enfatizzare troppo certi momenti, ma poi in mezzo agli altri senza nemmeno accorgersene, la manica scende i tatuaggi così “importanti” si coprono e lui non se ne accorge e libera solo lo spirito del bambino che corona un sogno in mezzo ai suoi “amichetti”.
Ecco questa è la strada da seguire.