Kalulu arrivato grazie a Motta

Parla il difensore ex Milan del suo approdo alla Juventus.

Dopo quattro stagioni in rossonero, il difensore francese è passato alla Juve in estate con la formula del prestito oneroso con diritto di riscatto in favore dei bianconeri, è normale che prima dello scontro fra bianconeri e rossoneri dica la sua.

Nella mia carriera non ho mai fatto scelte facili – le sue parole – Quando senti la fiducia della società e capisci che qualcuno ti vuole veramente, allora riesci a dare tutto te stesso. Siamo umani e lavoriamo con il cuore. Durante il riscaldamento è l’ultimo momento in cui posso godermi l’ambiente. È il momento più bello, che sia all’Allianz Stadium o in un altro stadio. Sono stato anche io tifoso: voglio essere in campo quello che ammiravo da bambino. Devi sempre ricordarti del piccolo che era dentro di te. Con i tifosi c’è un sentimento forte, è come una relazione d’amore. C’è molto calore all’inizio, tutto sembra bellissimo, senti le vibrazioni”.

E da queste parole capisci che hai a che fare con un ragazzo sensibile e con una mentalità “quadrata” ovvero quella che serve per chi gioca nel suo ruolo (vedi Chiellini).

Il trasferimento dal Milan alla Juve, in cui Thiago Motta ha avuto un ruolo decisivo, entra per forza nel discorso: “Quando ho chiamato il mister, lui mi ha detto subito: ‘Sei pronto a giocare ogni 3 giorni?’ Ho risposto: ‘Sì, dove mi vedi giocare?’ E lui: ‘A destra, al centro e a sinistra’. Lì ho pensato: se mi vede ovunque, per me è il top. E poi ha chiuso dicendo: ‘Sappi che le scelte della partita si fanno in allenamento!’ E alla Juve è così.

Poi però ritorna subito la sensibilità umana della persona Kalulu: “La nostra sembra essere una vita perfetta, ma la verità è che anche noi professionisti abbiamo momenti difficili. A volte non vogliamo far vedere quando siamo deboli, lo nascondiamo – prosegue il francese – Io ad esempio sono cresciuto in una grande famiglia, in una casa che non era mai silenziosa, e i primi mesi in cui tornavo a casa da solo per cena passavo tante ore senza parlare con nessuno. Era tutto difficile a livello mentale. I videogiochi mi hanno aiutato, perché con cuffie e microfono potevo parlare con i miei fratelli“.

Redazione

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