Tante luci e qualche ombra per una Juve vincente.
Si temeva dopo i due pareggi incolori in campionato che Thiago Motta, che si è ritrovato a guidare una rosa di buon livello senza avere la possibilità, tra arrivi dell’ultimo minuto dal calciomercato e impegni delle Nazionali, di mettersi sul campo di allenamento e lavorare sulle sue idee, sbagliasse la prima in Champions.
Ma così non è stato.
Thiago Motta ha scelto per l’occasione un sistema di gioco, almeno sulla carta, con Locatelli davanti ai quattro difensori e dietro a quattro trequartisti alle spalle di Vlahovic. In fase offensiva Cambiaso, teorico esterno basso, si accentra per consentire un’uscita pulita da dietro. Nello stesso tempo McKennie e Koopmeiners occupano i mezzi spazi a destra e a sinistra, con l’olandese pronto a cambiare la posizione con Yildiz, laterale alto da quella parte. Dall’altra Nico Gonzalez è libero di tagliare per lasciare la fascia alle incursioni di Kalulu.
La Juve può partire dal basso, lanciare lungo per le “spizzate” aeree di Vlahovic o Nico, allargare il gioco per le combinazioni sulle catene esterne e occupare l’area avversaria con gli inserimenti di chi arriva da dietro (soprattutto McKennie, Koopmeiners o Yildiz). Un repertorio ricco ed efficace che è stato letale per la fase difensiva del Psv. In occasione del vantaggio bianconero, per esempio, Cambiaso, invece di spostarsi centralmente, ha visto Yildiz in possesso largo a sinistra ed è partito in sovrapposizione alleggerendo così la marcatura sul turco, che ha potuto liberare il destro a giro che ha sbloccato la partita.
A tutto questo va aggiunta una fase difensiva che, tra campionato e Champions, in cinque partite ha subito solo il gol del Psv a un secondo dal triplice fischio. E anche in questo caso la Juve sa fare più cose: aggredire alto, piazzare un blocco medio o attendere bassa. La scritta “lavori in corso” è sempre presente ma almeno la strada sembra quella giusta.
Per il momento, almeno perchè arriva subito un altro cliente scomodo: Conte con il suo Napoli.